I Giornata Regionale Caritas Campania: Alife-Caiazzo a Pompei si confronta con le altre realtà

Le Caritas di Alife- Caiazzo partecipano all'incontro con le altre Caritas della Campania. La giornata ha rappresentato un momento di riflessione, crescita e, soprattutto, un'occasione per comprendere che si è parte di una stessa famiglia.

di Amalia Fontana e Annamaria Tartaglia 

Il 22 Novembre si è tenuta a Pompei, presso la sala “Marianna De Fusco”, la Prima Giornata Regionale Caritas. Tutte le Caritas della regione Campania si sono incontrate per vivere un momento di sinodalità, tra queste presente anche la nostra Caritas Diocesana e alcune Caritas parrocchiali della nostra diocesi, accompagnate dal direttore don Alessandro Occhibove.

Gli operatori sono stati accolti dalla musica del gruppo Guna, che si è   esibito in una marcia tipica del West Africa.

Don Carmine Schiavone, direttore della Caritas Diocesana di Aversa ha spiegato che in Africa la musica  è l’espressione massima  della preghiera, infatti questa marcia introduttiva è stato un momento di riflessione in ricordo di tutti quei nostri fratelli che si trovano in quel cimitero a cielo aperto, che è diventato il Mediterraneo.

La parola è stata poi data a Mons. Antonio Di Donna, che ha espresso la sua gratitudine a tutte le operatrici e gli operatori, definendoli “soldatesse e soldati impegnati su tre fronti: quello diretto con gli utenti, quello delle comunità in cui operano e quello delle istituzioni”. Inoltre, ha sottolineato l’importante responsabilità che ha la Caritas, quella di mantenere sempre la credibilità verso l’opinione pubblica, “guai che la Caritas venga anche solo sfiorata da certi sospetti dell’opinione pubblica”, ricordando che “la Caritas non è un’associazione o un ufficio, ma è la Chiesa stessa”.

Raccomanda a tutti di essere vigili affinché la Caritas non smarrisca la sua funzione originaria, che è quella pedagogica, con il rischio che le istituzioni la trasformino in “welfare”.

Il vescovo ha lasciato poi la parola ad un’ospite d’eccezione, suor Rita Giaretta, che nel 1995 ha fondato, assieme alle sue consorelle, Casa Rut, con l’obiettivo di soccorrere le donne vittime dello sfruttamento della prostituzione. Da questa comunità è nata nel 2004 la cooperativa NeWhope, con l’intenzione di fornire una formazione professionale e un’occupazione legale, con una giusta retribuzione, alle donne accolte.

Suor Rita è stata per la comunità di Caserta, nella quale ha operato per 25 anni, un “tabernacolo mobile” come Don Carmine, moderatore dell’incontro, l’ha definita, usando le parole di Papa Francesco.

Lei è scesa sui marciapiedi per aiutare quelle donne, che prima di allora nessuno aveva considerato come schiave. Quel lontano 8 Marzo di 24 anni fa, insieme a due sue consorelle, ha portato loro semplicemente un fiore e un messaggio “cara sorella, cara amica, c’è qui qualcuno che pensa a te con amore”.

Non le ha giudicate o rimproverate, ma si è limitata a chiedere se stessero bene, se avessero bisogno di qualcosa di caldo, e quel gesto ha disarmato quelle ragazze che hanno chiesto alle suore di ritornare.

Una di quelle sere poi una di loro, spaventata, è entrata nella macchina di suor Rita per farsi aiutare e poi tante altre, piano piano, si sono fidate. Lei ha incontrato lo sguardo di Cristo nei volti di quelle donne, in quei nomi, in quelle storie. Così nasce Casa Rut.

Suor Giaretta racconta questa storia per invitare gli operatori ad usare la pazienza per aiutare chi è in difficoltà, “non pensiamo che gli eroi siamo noi, devono aver coraggio anche loro per fidarsi di noi”. Esorta i giovani della Caritas ad “alzare la voce” a denunciare, ad impegnarsi perché non ci siano i poveri, “non dovete permettere che vi rubino i sogni, che vi rubino la speranza […] Dobbiamo tornare alla normalità di un Paese che non avrebbe bisogno di Casa Rut, di volontariato, perché facciamo semplicemente il nostro dovere”.

Infine torna a parlare delle sue ragazze “c’è un problema riferito a questo dramma che riguarda i maschi: dobbiamo spingere gli uomini ad un’educazione ai sentimenti, a guardarsi dentro e a vedere cosa c’è che non va, perché tanta violenza?”.

Questa riflessione di Suor Rita è attualissima in questi giorni in cui si è celebrata la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne.

L’applauso che chiude il discorso della suora è travolgente. Ognuno tornerà a casa con uno sguardo diverso verso quei “marciapiedi”, verso quelle storie che la vita ci mette davanti e immancabilmente diventano parte della nostra.

Proprio al tema della denuncia si collega l’intervento del professore Ciro Grassini, coordinatore scientifico dell’Osservatorio Regionale sulle Povertà, che ha presentato il Dossier Regionale sulle povertà 2019. I dati del dossier sono stati raccolti, attraverso la piattaforma Ospo Web, nei Centri di Ascolto diocesani e parrocchiali di 15 diocesi della Campania, tra le quali c’è anche la nostra diocesi di Alife-Caiazzo. Il professore ha sottolineato quanto siano importanti i Centri di Ascolto perché permettono una raccolta di dati, che se pur spesso faticosa, è uno strumento fondamentale per poter parlare con le istituzioni.

 

A conclusione dell’incontro, il delegato regionale Carlo Mele ribadisce l’impegno che la Caritas deve portare avanti con una bellissima espressione “noi abbiamo da mettere a disposizione l’orecchio, lo sguardo e il cuore per far crescere la sensibilità di tutta la comunità”. I servizi delle Caritas sono funzionali quanto più rispondono all’etica pedagogica, “quanto più una mensa riesce a coinvolgere il mondo del volontariato, il mondo delle parrocchie, il mondo di chi vuole mettersi in gioco tanto più ha senso”.  La mensa, così come gli altri servizi, deve rappresentare un “luogo pastorale”.

Le parole di Carlo Mele inducono al cambiamento ”noi siamo lì con i poveri e non per i poveri”, per far sì che  le persone che chiedono aiuto trovino nella società un ruolo attivo e propositivo, eliminando quella distanza tra chi aiuta e chi viene aiutato.

“Ognuno di noi può cambiare qualcosa”, queste parole di Madre Teresa, riprese da Carlo Mele, invitano allo spirito di unione, che rappresenta il motivo centrale di questo incontro “certamente è poco quello che possiamo fare da singoli, ma sarà molto quello che potremo fare insieme”.

Così come è iniziato, l’incontro si conclude con la musica dei Guna, ma dopo aver ascoltato le parole di coloro che sono intervenuti, quello spirito di unione è tangibile,  tutti gli operatori si sentono più vicini e si alzano per ballare e cantare insieme, come un’unica grande famiglia.